Inizierei riportando due frasi, la prima pronunciata da Sinisa Mihajlovic e la seconda da Carlo Tavecchio: «Le donne non dovrebbero parlare di calcio, non sono adatte», «Finora la donna si riteneva un soggetto handicappato rispetto al maschio sulla resistenza, sul tempo ed espressione anche atletica, invece abbiamo riscontrato che sono molto simili».
Leggendo queste frasi ben si capisce quale sia il pensiero generale del mondo maschile, o almeno della maggior parte di esso, nei confronti del calcio femminile. Ebbene, avendo iniziato a lavorare da poco nel mondo del calcio in rosa, in modo più specifico nella società della Fortitudo Mozzecane militante in serie B, posso fare alcune considerazioni a riguardo.
Prima di tutto, per far ben comprendere cosa sia oggi il calcio, voglio citare uno dei miei autori preferiti, Pier Paolo Pasolini: «Il calcio è l’ultima rappresentazione sacra del nostro tempo. È rito nel fondo, anche se è evasione. Mentre altre rappresentazioni sacre, persino la messa, sono in declino, il calcio è l’unica rimastaci. Il calcio è lo spettacolo che ha sostituito il teatro». Frase che più di tutte, a parer mio, sintetizza cosa è questo sport per la nostra società. È lo sport più praticato al mondo, il più seguito al mondo, capace di muovere le masse in ogni continente, in grado di accendere gli animi di ogni persona. È lo sport passionale per eccellenza, se nel calcio odierno si può ancora parlare di sincera e sana passione. In terra latina i bambini nascono e vogliono diventare calciatori, perché molto spesso diventare una stella del football è un’ancora di salvezza, una speranza per aspirare ad una vita migliore lontano dalla povertà delle favelas. Sicuramente il calcio, per questo motivo e per tanti altri, è uno sport passionale. Il calcio permea la vita di tutti noi, o almeno quasi, e io non faccio eccezione, visto che sono un tifoso sfegatato del Barcellona e del Dio del pallone, Lionel Andrès Messi.
Quando ho iniziato la mia esperienza nel calcio femminile ho pensato: «Ok, sarà una bella esperienza, mi divertirò e magari sarà un inizio per un futuro lavoro nel mondo del giornalismo sportivo. Certo è una scelta coraggiosa per una ragazza giocare a calcio, visto che non saranno mai acclamate come un uomo. Ma sapranno giocare a pallone? Forse pallavolo sarebbe stata una scelta migliore». Mi vergogno di questo, ma devo essere sincero. Guardando i primi allenamenti delle gialloblù (i colori della Fortitudo Mozzecane Calcio Femminile) ho iniziato a pensare tra me e me: “Però, mica male queste qua”. Pensavo, al momento della prima partita che dovevo seguire, che non avrei avuto trasporto per delle calciatrici. Ebbene, non so perché ma dopo il fischio arbitrale mi sono trovato a provare emozione per ogni dribbling di Martina Gelmetti, per un controllo di palla di Rachele Peretti, per le lotte a centrocampo di Silvia Carraro e Francesca Signori, mi sono trovato a tirare un sospiro di sollievo per ogni salvataggio di Giulia Caliari e Francesca Salaorni, ho esultato per ogni rete di Alice Martani e per il ritorno in campo di Deila Boni. Non sapevo perché, ma mi veniva spontaneo soffrire e gioire insieme a queste ragazze che nemmeno conoscevo.
Storicamente le donne sono sempre state considerate inferiori, hanno dovuto lottare per qualsiasi cosa: diritti civili, economici, politici e in generale per un miglioramento della loro condizione. Hanno sempre dovuto combattere per essere considerate uguali all’uomo, per una posizione di prestigio nel mondo del lavoro, per una retribuzione eguale a quella maschile, per il diritto all’istruzione e, ancora oggi, perfino per il pieno possesso del proprio corpo. A quanto pare devono lottare anche nello sport e in particolar modo nel calcio. Davanti a tematiche così importanti come quelle sopra citate il calcio può sembrare una stupidaggine, ma non lo è. Una donna non solo ha diritto a fare sport, e questa non è una cosa così scontata, ma ha il diritto di fare lo sport di competenza storicamente maschile, ha il diritto di essere applaudita e tifata come un calciatore. Se deciderete di guardare il calcio femminile, e ve lo consiglio vivamente, vi sorprenderete del fatto che rimarrete incantati davanti a certe giocate che tanti giocatori non sono in grado di eseguire. Fidatevi di me, sarà così.
Una calciatrice non guadagna come un calciatore, neanche lontanamente. Per citare due esempi estremi, Lionel Messi guadagna circa novantacinque volte lo stipendio di Marta Vieira da Silva, la più grande calciatrice del mondo e una delle più grandi di sempre. In Italia una giocatrice di serie A guadagna infinitamente meno di un calciatore di serie A. Forse non è proprio il caso di parlare di parità di genere.
Probabilmente le due parole chiave dello sport sono sacrificio e passione. Diciamo che il calcio femminile ne richiede di più. Una giocatrice di serie B studia o lavora perché, al contrario di un calciatore di serie B, non può vivere di calcio. Di conseguenza una donna che imbocca la via del calcio, del mondo monopolizzato dall’uomo, lo fa per passione, vera passione. Come è sempre successo nella storia, la donna sarà costretta a lottare per avere un giusto riconoscimento ma, come è sempre successo nella storia, ne uscirà pian piano vincitrice.
È proprio quando la donna viene introdotta in un ambito che viene considerato puramente maschile che ci si accorge del vero valore della donna e, dopo aver visto giocare le ragazze per cui faccio il tifo, mi vien da storcere il naso a pensare a quanto la donna sia ancora stupidamente sottovalutata. Secondo il vecchio luogo comune le donne e il pallone sono agli antipodi, ma dopo averle viste giocare ho capito che sono capaci di gesti tecnici sorprendenti e che hanno la capacità di esaltare un amante del calcio come me quanto e più di un uomo.
Sono diventato loro tifoso, mi sono esaltato per le loro giocate e, così come continuerò a urlare per Messi, continuerò a urlare per loro e a gioire con loro, con le gialloblù, consapevole del fatto che col passare del tempo queste ragazze e tutte le calciatrici acquisteranno sempre più importanza e otterranno la giusta e meritata attenzione.
Riccardo Cannavaro
Foto: Graziano Zanetti Photographer
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