LE SORELLE POVERE DEGLI AZZURRI

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Il rassegna iridata di Montreal sta volgendo inesorabilmente al termine e a breve conosceremo il nome della Nazionale che potrà fregiarsi del titolo di campione del mondo. L’assenza dell’Italia, eliminata nella finale playoff dall’Olanda, non ha dato all’edizione canadese quella visibilità di cui sta godendo la Copa America sui principali media cartacei e digitali.
Quella di Montreal poteva essere una vetrina importante per un movimento in crisi, oscurato dallo strapotere del calcio maschile e dalla stessa Federcalcio. Risalgono a qualche mese fa le dichiarazioni omofobe del presidente della Lega nazionale dilettanti, Felice Belloli, che hanno fatto eco a quelle rilasciate dal suo predecessore Carlo Tavecchio. L’attuale presidente della Federcalcio aveva definito le calciatrici come “handicappate rispetto al maschio, anche se abbiamo riscontrato che sono molto simili”, dichiarazioni sulle quali stendiamo un velo pietoso.

Le difficoltà del calcio femminile hanno radici lontane. Correva l’anno 1933, quando alcune appassionate milanesi di pallone fondarono in via Stoppani 12 il Gruppo Femminile Calcistico. Le ragazze del calcio divennero rapidamente popolari, conquistando perfino la copertina di Calcio Illustrato, ma il Coni e il diktat imposto dai dirigenti filofascisti impedì loro di giocare, dirottandole su sport maggiormente adatti alle donne.

Ad oltre 90 anni dalla nascita della prima associazione legata al calcio femminile le cose sono cambiate, ma non in maniera radicale. Non esiste ancora il professionismo e il calcio femminile rimane ancorato e dipendente alla Lega Nazionale dilettanti, che come abbiamo menzionato in precedenza ha sempre ostacolata la crescita del movimento. I numeri, rapportati ad altre realtà europee, sono impietosi: 20mila sono attualmente le giocatrici tesserate in Italia, mentre in Germania il numero ha abbondantemente superato la soglia delle 250mila iscrizioni.

Il rapporto tra i campionati esteri e quello italiano è impietoso. Tutti i principali club internazionali, dal Real Madrid al Bayern Monaco possono contare un equivalente al femminile, mentre i top team italiani (Milan, Inter e Juventus) risultano non pervenuti. Vi sono squadre che presentano lo stesso nome, ma appartengono a società con una proprietà differente rispetto a quelle che militano nella Serie A italiana.

Il club più titolato d'Italia con ben sette scudetti e otto Coppe Italia è la Torres Sassari, una delle poche società italiane in cui  sono state unificate le gestione  economiche delle due squadre. L’altra faccia della realtà sono club come la Lazio di Lotito, che nonostante avesse promesso di sostenere la squadra, ha poi lasciato la squadra al suo destino, come testimonia le due trasferte saltate per assenza di fondi.

Per darvi un’idea dei soldi che ruotano attorno al calcio femminile, basta pensare al fatto che gli stipendi in Italia praticamente non esistono (solo rimborsi spese variabili dai 200 ai 1000 euro) e le giocatrici sono “costrette” a svolgere un secondo lavoro per mantenersi. A ciò si aggiunge l’assenza di sponsor in grado di contribuire alla gestione societarie dei club dei principali campionati femminili.

La situazione all’estero è completamente differente. Le ragazze del Real Madrid godono di ottimi ingaggi e stipendi, grazie al sostegno del presidente Florentino Perez e di sponsorizzazioni pesanti come quella del colosso delle scommesse bwin. In Scozia, i Rangers hanno da poco stipulato un contratto triennale con l’operatore di casinò 32Red, che stanzierà annualmente una quota anche per il sostegno delle storiche rivali del Celtic. Le ragazze del Bayen Monaco, alcune delle quali stanno ben figurando nella rassegna iridata in Canada, godono dell’appoggio diretto del colosso delle telecomunicazioni T-Mobile.

Il futuro del calcio femminile italiano presenta numerose incognite e senza un impegno comune da parte di tutti difficilmente seguirà lo stesso percorso e la stessa evoluzione delle altre nazioni. La Federcalcio dovrà cambiare attitudine nei confronti delle sorelle povere dei calciatori, solo in questo modo e con una opportuna vetrina il calcio femminile potrebbe raggiungere quella popolarità necessaria per la crescita del movimento sia dal punto di vista dei tesseramenti, sia per quanto riguardo quegli introiti economici fondamentali per un movimento dalle potenzialità spaventose.