Lunedì, 20 Maggio 2024
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Linea diretta con... Rachele Perobello

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prosambo rachele perobello
Rachele Perobello è un’attaccante della Pro San Bonifacio, squadra veneta che milita nel Girone C di Serie B. Una lesione al crociato posteriore, con influenza sul menisco, l’ha tenuta lontana dai campi per quasi tutto il girone d’andata: non ha dovuto effettuare alcuna operazione chirurgica, ma ha dovuto rafforzare e fare molta riabilitazione per prevenire danni anche tutta la parte anteriore del ginocchio.
Ho avuto la possibilità di telefonarle e farle un’intervista alla vigilia della sfida con l’Orobica, partita in cui poi ha aperto le marcature, ma non è bastata ad evitare l’1-1 finale.
Si è dimostrata subito molto disponibile, esaustiva nelle risposte e davvero simpatica. Questo è il riassunto della chiacchierata.


Hai provato altri sport prima di scegliere il calcio come unico amore?
Sì, avevo iniziato facendo atletica perché mio zio la insegnava, ma la corsa non è il mio punto di forza, poi ho fatto due/tre mesi di pallavolo; nel momento in cui ho visto una ragazza del mio paese che giocava a calcio con i maschietti, ho detto “Ma sì, proviamo”.

Sei sempre stata appoggiata nella tua scelta?
Diciamo di sì. I miei genitori sono sempre stati due sportivi, mio papà ha sempre giocato a calcio, mia mamma faceva sport da giovane e mi ha sempre detto “Fai uno sport che ti piace altrimenti prima o dopo ti stanchi”. Inizialmente hanno provato a farmi fare atletica, ma poi mi hanno appoggiato, dicendomi però che sarebbe stato difficile giocare con i maschi

Ti ricordi un aneddoto divertente della tua carriera?
Quando a scuola dicevo che giocavo a calcio, parlo di quando avevo 13 anni, tutti i ragazzi mi prendevano in giro. Poi però giocando insieme ai maschi, gli stessi ragazzi li ritrovavo contro il sabato o la domenica e si mangiavano la lingua a vedere me o l’altra ragazza capitana; non è per vantarmi, ma avevamo un po’ più di tecnica, perché comunque a 13 anni sul piano fisico puoi ancora competere. Era un po’ una rivincita.

E il momento più bello e importante per te?
Il primo gol in Serie A con il Bardolino, oggi Verona. È stata una cosa inaspettata perché ero lì da neanche due mesi, arrivavo da una Serie C quindi non mi sarei mai aspettata di giocare alla prima di campionato. Invece non so se per premiarmi o per darmi il contentino, sono stata buttata in campo gli ultimi 4 minuti di recupero di una partita che vincevamo 2-0. Vuoi il lancio al momento giusto, il tiro della domenica, l’adrenalina dell’esordio: poteva essere anche il gol più stupido e insulso che c’è, però essendo inaspettato, è una delle cose più belle che mi ricordo.

Com’è giocare a calcio con la propria sorella, Elena?
Non è il primo anno che giochiamo assieme. L’ho portata io nel mondo del calcio, ma lei ha iniziato a giocare subito in una squadra femminile perché essendo più grande di me non poteva giocare con i maschi; poi quando sono andata al San Martino c’era anche lei. Abbiamo fatto inizialmente 3 anni lì, poi abbiamo preso strade diverse. Ci siamo ritrovate a Mozzecane per un paio di anni e dopo una parentesi nel calcetto a 5 dove secondo me le sue capacità erano sprecate, l’ho convinta a venire qui al San Bonifacio..

Averla in squadra mi dà quell’aiuto in più, capendo atteggiamenti che altre non capiscono, ma allo stesso modo può nascere lo scontro.

Più avanti, quando smetterai con il calcio, ti piacerebbe intraprendere una carriera da allenatrice?
Mi piacerebbe, ma non ne avrei la pazienza. Ho provato ad allenare dei bambini, ma sono molto istintiva e sarei troppo vendicativa: se non mi ascoltano potrei farle correre e basta Preferirei piuttosto seguire le giocatrici come accompagnatrice.

Quest’anno hai segnato 4 gol, di cui 3 con l’Inter. È stata una partita pazza da come si è sviluppata. Come la commenti?
è
 stata una partita importante perché io rientravo da un infortunio di tre mesi, dopo essermi fatta male al ginocchio alla seconda di campionato. Il primo tempo è stato abbastanza equilibrato, ci sono state occasioni da entrambe le parti; nel secondo tempo noi siamo partite molto bene perché abbiamo fatto subito il 2-1 e anche gli altri due gol sono arrivati nel giro di breve. Non so sinceramente se ci sia stato un blackout mentale, o magari abbiamo pensato di avere già vinto. Non era mai successo. Sul 4-2 si poteva gestire tranquillamente il risultato, anche se non è proprio partita chiusa perché contro queste squadre non è mai chiusa. Poi abbiamo iniziato a sbagliare anche il più piccolo passaggio e non facevamo pressing in attacco: la colpa è di tutte non solo dei difensori perché le azioni partono dalla difesa quindi i primi difensori sono gli attaccanti. Spero sia stato solo un episodio: siamo una squadra metà giovane e metà con esperienza, anche questo serve perché non siamo tutti “imparati”.

Con tutto il girone di ritorno da giocare, siete a soli 3 punti dal Valpolicella. Come pensi che sarà la sfida per il vertice?
Invidio chi domenica andrà a vedere Valpo-Inter. Da un lato spero che vinca l’Inter perché così se noi dovessimo vincere saremmo tutte nel giro di un punto, e mancando gli scontri diretti, alla fine te la puoi giocare. Il Valpo ha una squadra che sulla carta non ce n’è per nessuno. L’Inter ha un organico giovane e a differenza del Valpolicella che magari ha la tattica, ha delle ragazzine giovani che hanno una grinta allucinante: non mollano mai, vanno su tutti i palloni dal 1’ al 92’ e a livello di gioco sono un po’ più organizzate, giocano meno sul singolo. Sarà una bella partita.

Noi non siamo una squadra fatta per vincere il campionato, siamo lì e ce la giochiamo, ma la lotta è tra loro due. Abbiamo già raggiunto il nostro obbiettivo, adesso speriamo di giocare bene come all’andata continuando a divertirci e a fare punti.

Come avete vissuto il girone d’andata? È stata una cosa inaspettata trovarsi davanti per molte giornate?
È stato un po’ inaspettato perché noi l’anno scorso siamo arrivate seconde, ma eravamo in un girone che a detta di tutti era più facile ed è vero. Come ci ha ribadito la società, noi siamo sempre state una squadra che doveva salvarsi quindi ragionavamo in termini di punti: se vinci hai 3 punti in più. All’andata puoi vincerle tutte, ma le squadre hanno avuto modo di studiarti e, come hai visto col Meda (2-0; 0-0), al ritorno sono tutte altre partite, quindi non puoi fare calcoli, devi giocare. Ora come ora, i punti fatti all’andata sono serviti già a salvarsi.

Ora qualche domanda extracalcistica: hai fatto l’università o lavori?
Non ho fatto l’università, lavoro.

Quindi come sarebbe la tua giornata tipo?
La mia giornata tipo è un po’ particolare perché lavoro al mercato ortofrutticolo a Verona quindi la mia giornata inizia alle 3 della mattina. Le mie 8 ore ci sono ma sono dalle 3 a mezzogiorno. È particolare perché lavoro la notte, però come punto di forza è che ho il pomeriggio libero, anche se spesso bisogna essere disponibili per i clienti. Bene o male dal lunedì al venerdì è così, il sabato me la prendo un po’ più calma perché il mercato apre alle 5, quindi vado un po’ più tardi.

È difficile coniugare questo tipo di lavoro con gli allenamenti e le partite?
Non è difficile, però c’è tanto sacrificio. Da sempre, ho messo il lavoro prima del calcio, per il semplice fatto che con il calcio femminile non si vive purtroppo: dovendo scegliere, rinuncio all’allenamento e accetto le scelte dell’allenatore. Ma non mi pesa: è una scelta che ho fatto perché mi piace il mio lavoro. Ora come ora non farei mai cambio con una persona che fa le classiche 8 ore perché riesco comunque a ritagliarmi molto tempo libero e posso curare altre cose.

Ricollegandomi a quello che hai detto prima, hai visto dei cambiamenti negli ultimi anni nel calcio femminile? Pensi che potrà cambiare qualcosa in futuro?
Secondo me qualcosa sta cambiando grazie anche al lavoro di Tommasi e l’A.I.C., della Panico e soprattutto della Serra; in Italia però, il calcio resta ancora per i maschi. Anche solo il discorso infortuni è pazzesco: loro sono seguiti anche troppo, a differenza di noi. Un ottimo esempio comunque lo sta dando la dirigenza della Fiorentina che sta facendo cose pazzesche a livello di società per far crescere e dar visibilità al femminile; però è solo una squadra in un campionato. Tutti gli altri hanno un dispendio personale, lo fanno proprio per passione, di certo non per soldi. La speranza è che continuando a lavorare così ci siano ogni anno piccoli passi, perché se siamo arrivate dove siamo adesso, è appunto perché la gente non ha mai smesso di crederci.

Cosa consiglieresti ad una giovane calciatrice che vuole muovere i primi passi nel mondo del calcio?
Consiglierei di non smettere di pensare che si può arrivare più in alto di dove si è. Ci sono allenatori che ogni anno cercano ragazze che vadano per 2/3 mesi a fare il campionato in America. È una delle cose che avrei voluto fare, ma finita la scuola ho iniziato subito a lavorare, quindi non è stato possibile. Alle molte ragazze che studiano e giocano però consiglierei di provare queste esperienze se ne hanno l’occasione. 
Io sono in Serie B e ho vinto le mie cose passate, ma se mi accontentassi non potrei mai far crescere le giovani e fare capire la mentalità con cui andare in campo. Ilaria Toniolo, secondo portiere in Costa Rica, era in Serie A al Chieti, ma adesso è venuta da noi. Non era titolare, ma se la poteva giocare, e ha scelto di venire a giocare in un campionato di Serie B. Ha creduto nel progetto e nelle ultime tre partite ci ha anche salvato. Niente da togliere agli altri due portieri, perché magari sarebbe successo uguale, però è per farti capire l’esempio di una ragazza che a 20-22 anni potrebbe essere tranquillamente in Serie A, anche solo in panchina, ma ha scelto di giocare perché solo giocando puoi prenderti determinati spazi a livello di Nazionale. È da ammirare.

Parliamo adesso del tuo tempo libero: cosa ti piace fare quando non lavori e non ti alleni?
Da sempre ho la passione per la tecnologia, computer e guardare i film. D’inverno sono più attratta da questo mentre d’estate mi piace tantissimo andare in montagna. Ho un cane e quindi mi occupa tutto il tempo che ho, gli faccio compagnia e la mia passione per la montagna è dovuta anche al fatto che vado con lui, anzi mi trascina lui.

Una curiosità finale: è vero che hai un tatuaggio e te lo ha fatto Melania Gabbiadini?
Sì, è vero. Io giocavo in squadra con lei e Cristiana (Girelli). Per scherzo continuavano a parlare di farsi il tatuaggio uguale perché sono molto legate. Nel momento in cui hanno iniziato a parlarne ed è uscita la cosa che Melania faceva i tatuaggi, le ho chiesto di farlo anche a me.
Mi ha tatuato una stellina avvolta da una sorta di filo. Sono un po’ lunatica e la stella di per sé è una delle figure geometriche più instabili: ogni punta è per modo di dire una via di fuga; rappresenta quindi il mio carattere, tra pregi e difetti. Il filo che è attorno è tutto quello che mi dà la stabilità e il giusto equilibrio, mi permette di essere pacata e tranquilla e alla stessa maniera incazzata e nervosa: gli amici, la famiglia, il calcio.

Marco Bedin

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Testata giornalistica registrata al Tribunale di Firenze il 15 settembre 2016  n. 6032.
Direttore Walter Pettinati - PROMOITALIA Editore.

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